Laureato in lettere a indirizzo storico, insegnante in pensione, Cesare Bianco è l’autore protagonista dell’intervista di oggi dedicata a un romanzo pubblicato nell’ottobre del 2019 per la collana Parallelo45, la cui trama saprà catturare l’animo dei lettori sin dalle prime pagine.

Chiacchieriamo insieme all’autore di L’IPOTESI DI RIEMANN E IL SESSANTOTTO.

Un titolo che, senza lasciare spazio all’immaginazione, svela ai lettori la sottotrama che accompagna i protagonisti che agiscono invece anni dopo rispetto al sessantotto. Com’è nata l’idea per la realizzazione di questo romanzo?

È nata dopo aver letto alcuni libri di divulgazione su temi matematici, per me affascinanti, come la serie Fibonacci, la sezione aurea, i frattali, i numeri primi. In quel periodo avevo anche letto alcuni testi sul Sessantotto, movimento al quale avevo partecipato. Ho pensato così di intrecciare i due temi. Fino ad allora avevo pubblicato qualche saggio e romanzo storico. Ho voluto cimentarmi in un genere nuovo, come il giallo.

Nel momento in cui si svolge la narrazione, la città di Torino è sotto assedio a causa dell’inizio dei processi alle Brigate Rosse. È l’ultimo periodo del sequestro di Aldo Moro e domenica 16 aprile 1978, il primo dei tre professori protagonisti della storia narrata viene trovato morto in uno dei tre luoghi simbolo della città piemontese. Qual è il legame tra la trama principale e quella che incombe alle spalle dei protagonisti?

Il legame è frutto di una scelta narrativa. Avrei potuto inserire la trama del giallo in altri periodi, ma quello per Torino era stato un momento particolarmente drammatico e mi è venuto naturale far coincidere temporalmente le due vicende.

Quali sono questi luoghi e da dove viene la scelta di far coincidere le tre morti con i tre simboli della città?

Avrei potuto scegliere altri luoghi per la morte dei tre matematici, ma ho ritenuto che questi tre fossero adatti. La chiesa della Consolata è la più bella e ricca di storia di Torino e mi è parso intrigante inserire la scoperta del primo cadavere. Il Musinè è il monte più vicino alla città, su cui salivo spesso per allenarmi, il santuario di Superga è visibile da ogni parte di Torino ed è conosciuto anche perché lì c’è stata la tragedia aerea del Grande Torino.

Parlando di protagonisti, mi piacerebbe che presentasse ai nostri lettori il giovane commissario Giorgio Giorgis – ex studente di Legge militante nelle fila del movimento studentesco del Sessantotto – e Chiara Dutto – scomparsa misteriosamente dopo uno scontro di idee con Giorgis e ricomparsa anni dopo in università.

Il commissario Giorgio Giorgis rappresenta la possibilità di conservare, qualunque lavoro si faccia, gli ideali maturati in età giovanile, nel suo caso partecipando al movimento del Sessantotto, che ha prodotto una grande trasformazione culturale. Chiara Dutto impersona l’entusiasmo e la passione che si sono sprigionate in questo movimento, ma anche le contraddizioni che in alcuni ha prodotto.

Nel suo romanzo, la risoluzione del mistero delle morti dei tre professori e l’uccisione di Moro coincidono. Si cela una particolare motivazione dietro a questa scelta?

Non ci sono motivazioni particolari. Dovevo concludere il giallo e anche la vicenda del rapimento Moro. Mi è sembrato giusto farli coincidere nello stesso giorno.

Oltre al caso Moro e ai processi alle BR, nel romanzo è la figura del matematico Bernhard Riemann a fare da motore all’interno della narrazione. Chi è dunque Riemann e come nasce in lei la curiosità per la teoria che da costui prende il nome?

Bernhard Riemann è stato uno dei matematici più importanti della storia. A metà Ottocento insegnò all’università di Gottinga, crocevia dei migliori studiosi della materia. È celebre, tra l’altro, la sua ipotesi, annunciata ma non dimostrata riguardante la distribuzione dei numeri primi. A questo problema, forse il più complesso rompicapo di tutti i tempi, dalla sua morte nel 1866 si dedicarono diverse delle più grandi menti matematiche, senza riuscire a risolverlo. Rimane tuttora un grande enigma. La mia curiosità al riguardo è nata dalla lettura di due opere divulgative sui numeri primi.

«La matematica, Ispettore, è una musica che non cessa mai di suonare». Cosa rappresenta per lei questa affascinante disciplina?

Mi affascina la sua razionalità, la sua logica, il fatto che sta alla base di ogni scienza. Come affermava Galileo Galilei la matematica è il linguaggio della natura.

La passione per la Storia è qualcosa che ha già avuto modo di palesarsi in diverse sue pubblicazioni, tra cui quella di cui abbiamo voluto chiacchierare insieme. Sarà così anche per il suo prossimo romanzo, qualora fosse già impegnato in una nuova scrittura?

Ora non sto scrivendo, ma sto pensando ad un nuovo romanzo, ambientato in Italia nella metà del Cinquecento. Riforma e Controriforma, eresia e inquisizione sono temi che ho sempre studiato, a partire dall’università.

 

«Nella nebbia un faro giallo e due lampeggianti che si vedevano appena.

Giorgio Giorgis cercò di inchiodare.

La Fiat 127 sbandò e riuscì a fermarsi dopo una trentina di metri, di fronte a due fucili puntati.

“Sono un commissario di polizia” urlò “Fatemi passare. Ho fretta”».

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Insegnante di lettere in pensione. Laureato in lettere, indirizzo storico, Cesare Bianco ha pubblicato saggi di storia del movimento ereticale italiano del Cinquecento sulle riviste: “Rivista Storica Italiana”, “Bollettino della Società di Studi valdesi”, “Diritto di critica”.
Ha curato l’edizione critica de: Il Sommario della Santa Scrittura e l’ordinario dei cristiani, Claudiana, Torino, 1988.
Nel 2014 ha pubblicato: Il papa santo e assassino, Edizioni Leucotea, una raccolta di racconti storici ambientati nel Cinquecento italiano e ispirati da processi inquisitoriali.
Nel 2017 ha pubblicato: Lo sguardo delle madri di Plaza de Mayo, Imprimatur, un romanzo sulle madri e le nonne di Plaza de Mayo durante e dopo la dittatura argentina degli anni 1976-1983.
Nel 2019 ha pubblicato: L’ipotesi di Riemann e il Sessantotto, Parallelo45, un giallo “matematico” ambientato a Torino.
Nel 2021 ha pubblicato: I gemelli rubati e l’Opus Dei, Ducale, un romanzo che intreccia il furto di neonati nella Spagna franchista con gli oscuri meandri dell’istituzione cattolica.

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