Il mese di agosto sembra già un ricordo lontano ma non è così per il protagonista di E poi venne Lorenzo, romanzo breve o racconto lungo scritto da Giancarlo Zambaldi e pubblicato per la collana ELLADE nel mese di aprile di cinque anni fa.

Una narrazione che, nonostante sia segnata da una data precisa, non ha limiti temporali confermandosi come una lettura adatta agli uomini e alle donne di ogni tempo.

«La vera felicità è essere noi stessi». È con questa frase, messa in copertina, che il lettore/la lettrice è chiamato ad affrontare questo tuo libro che è anche il racconto di te stesso. Da dove nasce l’esigenza di mettere per iscritto una parte della tua vita?

Tutto nasce da una sfida con me stesso. Non volevo che tutto il disagio, il dolore, la sofferenza nella quale ero caduto, dopo questa intensa storia d’amore purtroppo finita, non portasse proprio a nulla ma lasciasse soltanto un senso di fallimento. E quindi in un bel pomeriggio, ricordo ancora al suono delle campane del mio paese, mi sono messo al computer ed ho iniziato a scrivere quello che sentivo, quello che il mio cuore e le mie lacrime mi suggerivano e in cuor mio speravo un giorno che questa esperienza potesse aiutare altre persone, in un certo senso fosse di esempio. Oggi mi fa piacere quando qualcuno mi dice di aver letto il mio racconto e di aver pianto, era quello che io volevo: far piangere per far capire.

«L’amore è amore e basta», quanta fatica c’è dietro a una semplice frase come questa specie in una contemporaneità che sembra essersi dimenticata dei principali valori che ci rendono umani?

Non esistono amori di serie A o B ma soltanto Amore. Sembra una banalità ma la gente se ne dimentica perché passiamo la nostra esistenza a giudicare, a criticare a farci delle violenze psicologiche quando basterebbe vivere il momento e gioire di ogni istante senza farsi troppe domande. Amare non è faticoso, siamo noi che lo rendiamo complicato e a volte sofferente perché diamo troppo peso a quello che la gente pensa e facendo così non viviamo la nostra vita ma bensì quella di un altro. Questa mia avventura mi ha insegnato tantissimo ed oggi non sono quello di prima ma sono più sereno, più felice, più libero perché più coraggioso. Ecco quello che ci manca a noi gay, il coraggio di essere noi stessi e di fregarsene altamente dei giudizi degli altri, solo allora potremo essere noi ad insegnare che c’è solo un Amore, senza distinzioni.

Questo romanzo ha in sé due tempi: un “prima” segnato dal dolore e dalla menzogna e un “dopo” ricco di paura e speranze. Cosa si trova nel mezzo?

Nel mezzo si trova un uomo combattuto che sentiva il bisogno di liberarsi di qualcosa che lo costringeva ad essere un’altra persona. Spesso, anche se avevo questo coraggio che mi accompagnava, ero colto da ripensamenti, da dubbi, anche perché il mio attuale marito non ha mai letto una pagina prima della pubblicazione e diciamo in tutta onestà che ci sono dei passaggi non proprio da “educanda”. Ciò comportava il fatto di palesare a molti, fatti personali e delicati non sapendo come i miei conoscenti avessero preso la cosa. Alla fine, il coraggio e la voglia di essere me stesso hanno avuto il sopravvento e ne sono felice.

E poi venne Lorenzo è un romanzo autobiografico sia dal punto di vista dei personaggi sia per ciò che concerne l’ambientazione. Cosa si può svelare ai lettori circa l’affascinante Lorenzo e i luoghi in cui si svolge la vicenda?

Lorenzo è stato un dono di Dio, l’uomo che mi ha causato tanto dolore ma anche colui che mi ha costretto a trovare il coraggio per cambiare ed iniziare a vivere la mia vita. È stato il grande amore che tutti noi vorremmo, la persona che con un sorriso ti modifica la giornata e la visione della realtà. Con lui ho scoperto cosa sia veramente “l’uomo affascinante” che non ha nulla a spartire con la bellezza oggettiva. Lorenzo è stato ed è una persona normale con i suoi lati belli e con i suoi difetti ma proprio questo mix di caratteristiche che ci accomuna tutti, ci rende nello stesso tempo unici e affascinanti. Per quanto riguarda l’ambientazione, fino all’ultimo ero combattuto se lasciare i luoghi originali, anche perché ciò comportava dichiarare apertamente dove vivevo, però spostare l’ambientazione da un’altra parte avrebbe impoverito il racconto e quindi con un ulteriore coraggio ho deciso di lasciare il tutto a Trento. E credetemi che in un primo momento ho provato paura, perché Trento non è Los Angeles… Alla fine però i miei “trentini” si sono rivelati di una apertura e lungimiranza che mi hanno stupito.

Quali sono state le emozioni che hai provato durante la stesura del romanzo? Com’è stata la tua vita in quel periodo di tempo?

Scrivere questo racconto è stato quasi come liberarmi da un peso che mi stava annientando. Per oltre trentacinque anni avevo vissuto nelle bugie e nelle mezze verità con tutte le persone che mi circondavano. Ogni capitolo che prendeva corpo accresceva in me la voglia di spiegare, di dire chi ero, di gridare al mondo che mi piacevano gli uomini, non ero più disposto a mentire ed a nascondermi. L’avevo fatto per troppo tempo ed ora basta non potevo accettare stupidi compromessi per dimostrare di essere quello che non ero. La sensazione principale che avevo durante la stesura del romanzo era di coraggio. Si, un coraggio che non avevo mai avuto prima, che perdura da anni e che mi rende libero.

Come hai vissuto il momento in cui hai trovato il coraggio di aprirti con la tua famiglia? Cosa hai sentito il bisogno di raccontare?

Quella sera che avevo radunato a casa mia i miei fratelli per dare la notizia, non trovavo il coraggio di dire che ero gay, perché la parola “gay” mi suonava strana e in un certo senso offensiva. “Mi sono innamorato di un uomo” gli dissi senza guardarli negli occhi e aspettando la loro reazione che io temevo. Invece si dimostrarono di una accoglienza che non mi sarei mai aspettato e mi diedero la spinta per andare avanti. Se alle spalle hai una famiglia che ti sostiene e di ama, tutto è possibile perché sai che le persone più importanti ci sono. In quei momenti vorresti letteralmente “vomitare” tutto quello che ti sei tenuto dentro per anni e chiedere scusa per tutte le menzogne e mezze verità che hai profuso senza ritegno. Vorresti ricominciare tutto un’altra volta e rifare tutti i passaggi ma con la consapevolezza della serenità e di ciò che realmente sei. Devo dire che alla fine è stato meno complicato di quello che mi sarei aspettato. Ecco perché è giusto, doveroso, imprescindibile dire: “io sono così se vi piace”. Le persone non ti devono tollerare, verbo che io non tollero ma ti devono, se lo desiderano, accogliere se no pazienza… Lo dobbiamo a noi stessi, non agli altri. Serve a noi per vivere.

Cosa significa per te, Giancarlo, continuare a parlare di E poi venne Lorenzo?

Vorrei che la mia “fatica” potesse essere di esempio, di supporto, di consiglio, di aiuto a tanti ragazzi e ragazze che non trovano il coraggio di essere se stessi. Vorrei che tramite questo libro le persone potessero capire meglio e comprendere il disagio, la tristezza, la disperazione che spesso l’essere omosessuale comporta. Ogni giorno bisogna scontrarsi con il pregiudizio e con il razzismo e mentire e camminare su un campo minato sperando di non sbagliare piede per non venire derisi o offesi. La vita di un gay non dichiarato è molto complicata e faticosa perché devi sempre vivere due vite e quella che ti piace è quella che non può far vedere. Leggete questo libro, vi insegnerà a commuovervi.

Dopo la pubblicazione di questo romanzo chi è diventato Giancarlo Zambaldi?

Non solo dopo la pubblicazione del libro ma subito dopo aver dichiarato chi ero veramente, la mia vita è cambiata. Ora sono un uomo più sereno, consapevole, coraggioso, libero ho una forza dentro di me che mi accompagna ogni giorno e mi rende felice. Non sono una persona che esterna ostentatamente la propria omosessualità ma ora sono quasi fiero di dire che ho un marito, e parlo di me e dei miei gusti sessuali con una naturalezza che fino a pochi anni fa sarebbe stata impossibile. Io sono credente e ringrazio Dio per avermi fatto così e non cambierei nulla della mia vita, anche le cose tristi che ho passato le rifarei perché grazie ad esse ho imparato tanto ed ora non c’è giorno che io non sia appagato.

Dopo questa tua prima prova letteraria hai intenzione di ritornare alla scrittura? Stai già lavorando a qualche progetto?

Si, mi piacerebbe dare un seguito a E poi venne Lorenzo e ci sto lavorando, purtroppo il tempo non è a mio favore ma ho già scritto tredici capitoli. Ci terrei particolarmente che questo romanzo vedesse la luce, perché sarebbe dedicato a mia mamma che purtroppo è stata vittima del covid e ha lasciato un vuoto incolmabile, come solo le mamme possono lasciare. Anche questa è una sfida che spero di vincere al più presto. Vi terrò informati.

Quell’uomo [Lorenzo], entrato così inaspettatamente nella mia vita, stava mandando all’aria tutte le mie certezze e in un certo senso, mi stava imponendo di mettermi in gioco, in gioco con me stesso. Poteva rivelarsi pericoloso perché avrebbe potuto minare il castello di camuffata normalità che mi ero costruito. Tutto ciò mi metteva angoscia e in un certo senso paura, ero convinto che ci sarebbero stati dei cambiamenti e mi sentivo combattuto, non sapevo se continuare in quell’avventura o fermarmi sul bordo del precipizio per preservare quello che avevo costruito: la mia immagine.

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Giancarlo Zambaldi nasce a Trento il 21 settembre 1972, dopo gli studi commerciali inizia l’attività di consulente vendite prima nel settore automobilistico e poi, per qualche anno, in quello ortopedico. Dal 2006 ritorna ad occuparsi di automobili. Attualmente lavora per un marchio premium estero e vive a Pergine Valsugana.

 

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